mercoledì 12 dicembre 2007

Cina, cresce il PIL e crescono le contraddizioni


Dopo la radicale svolta, sia culturale sia politica, degli anni Ottanta, la Cina ha preso il volo aprendo le porte al commercio globale, agli investimenti esteri e ai prestiti internazionali.
In poco più di venti anni la Cina si è trasformata nella locomotiva del mondo, diventando il primo Paese esportatore di high tech (con i suoi 180 miliardi di dollari ha superato i 149 miliardi di dollari degli Stati Uniti), il secondo Stato produttore di automobili e camion, il secondo mercato globale per Ferrari e Rolls-Royce e la seconda destinazione di capitali mondiali dopo gli USA.
Inoltre, con l’ingresso nel WTO nel dicembre del 2001, il colosso asiatico ha dimostrato di saper competere nel mercato rispettando le regole del commercio mondiale tracciate dal World Trade Organization, riducendo, per esempio, i dazi dal 15,3 % al 9,9% e aprendosi agli investimenti esteri (70 miliardi di dollari nel 2007).
La scalata della Cina, però, scricchiola a causa di diverse contraddizioni interne: uno dei problemi principali è rappresentato dai gravi squilibri sociali che affliggono il Paese asiatico. Se tra la popolazione cinese si contano 106 miliardari e 320 mila milionari in dollari, secondo la World Bank ci sono anche 318 milioni di persone che guadagnano meno di due dollari al giorno e 180 milioni di cinesi che si trovano sotto la soglia minima di povertà, guadagnando solo un dollaro al giorno. Si tratta di dati che evidenziano nettamente la grande spaccatura tra ricchi e poveri in Cina, anche se dal 1985 al 2005 i poverissimi sono diminuiti da 400 milioni a 180 milioni.
Un altro grave problema è la situazione dei cinesi che risiedono nelle zone rurali: quasi tutti i contadini (il 90%) devono pagarsi le cure mediche da soli (dato che lo Stato dà solo un dollaro pro capite per le spese mediche nelle zone di campagna), guadagnano un quarto degli operai che lavorano in città e più di 800 milioni di loro non hanno diritto alla pensione. Inoltre, i contadini sono la categoria maggiormente colpita e oppressa dai funzionari corrotti del regime, come racconta il libro “Può la barca affondare il mare? Vita dei contadini cinesi” di Chen Guidi e Wu Chuntao.
Un altro fattore che comporta squilibri e malcontento nella popolazione cinese è il tasso di disoccupazione, che dal 1996 al 2003 è cresciuto vertiginosamente dal 4,5% al 10,2%: sono 28 milioni i cinesi che non hanno un lavoro e non hanno diritto ad assegni di sussistenza né alla pensione. Mentre lo Stato ha sborsato ben 35 miliardi di dollari per le spese militari (secondo gli Stati Uniti la cifra reale ammonterebbe a 120 miliardi di dollari), per la spesa sociale sono stati versati solo 5 miliardi: per il governo cinese i problemi sociali valgono solo un settimo degli armamenti.

Fonte: corso di Politica Economica (LUMSA), prof. Gentiloni, a.a. 2007/2008

1 commento:

fei pong ha detto...

Se ottengo almeno 8 nell'esame per storia, è merito tuo